Il grande bluff

 

Crolla il grande bluff dell’eredità Borghese.
Terranova sblocca 40 nuovi appartamenti.

Sentenza storica del Tribunale di Tivoli: è fasullo il contratto di cessione dei terreni a Chiappini senior


Si scrive enfiteusi. Si pronuncia diritto “bufala”. Era quello accampato dal professore romano Massimo Chiappini, figlio di Vittorio, il commercialista che giurava di aver acquisito l’intera eredità della nobile casata Borghese.
Terreni per sette milioni e 400 mila metri quadrati, 570 fabbricati su cui insistono 1.500 unità immobiliari dislocati tra Guidonia Montecelio e i Comuni limitrofi di Tivoli, Mentana, Fonte Nuova, Marcellina, Palombara Sabina e Sant’Angelo Romano. Insomma, a sentire Massimo Chiappini, mezza provincia Nord Est era roba sua.
Non è così secondo Renato Castaldo, giudice del Tribunale civile di Tivoli che in due sentenze ha smantellato ogni pretesa di Chiappini. L’ultima  la 1095/2009 – è datata 7 luglio e vede uscire vincitore Bartolomeo Terranova, l’imprenditore al quale fa capo la Guidonia Centro srl, una società che il professore romano aveva trascinato in Tribunale “bloccando” la vendita di uno stabile di 40 appartamenti in via Montelucci.
A parere di Chiappini, Terranova aveva edificato su un lotto di mille metri quadrati ritenuto di suo proprietà, poiché acquistato dal defunto genitore presso gli eredi Borghese. Per questo nel 2007, appena terminata la nuova costruzione, il docente chiese a Terranova dodici milioni di euro e – al diniego – intentò causa alla srl dell’imprenditore affinché lasciasse la disponibilità del nuovo complesso immobiliare e lo risarcisse dei danni.
Il giudice Castaldo, invece, ha ritenuto infondata la domanda del professore. Infatti Chiappini fondava la sua legittimazione sull’atto notarile col quale Anna Maria Borghese avrebbe venduto al defunto genitore una serie di fondi tra cui i mille metri di Terranova.
In realtà secondo il giudice di Tivoli la contessa Borghese aveva ceduto i diretti domini di una serie di beni, ma non la piena proprietà: insomma Chiappini poteva essere al massimo considerato il concedente dei terreni ma non era legittimato all’azione di rivendicazione.
In ogni caso – fa notare Castaldo – l’atto non fornisce prova neppure del dominio diretto. “Nella compravendita – scrive il giudice – si legge che la contessa Anna Maria Borghese ‘vende tutti i diritti relativi ai beni indicati’, ma specifica di ‘non essere in possesso di alcun bene e che non garantisce per l’evizione stante l’aleatorietà del contratto’. E precisa che ‘anche se indicati, non si intendono venduti i beni o diritti che risultassero già venduti o affrancati'”.
In pratica, nessuno sa – neppure Massimo Chiappini – quali siano con precisione i terreni e gli immobili appartenenti alla famiglia Borghese. Principi che un tempo diedero in uso a pastori e agricoltori appezzamenti di terra per coltivare o far pascolare il bestiame.
Pure sull’esistenza dell’enfiteusi il giudice di Tivoli nutre dubbi, visto che ci sono le sole dichiarazioni della contessa, ma nell’atto in cui cede il diritto afferma anche di non garantire l’esistenza potendolo aver già venduto affrancato.
A Massimo Chiappini ora restano da pagare le spese di lite. Per ora la causa con Bartolomeo Terranova gli costerà 8 mila 500 euro. A occhio e croce se ne aggiungeranno quelle con centinaia di cittadini.

Fonte: settimanale Il Tiburno del 29 settembre 2009 – pagg. 6 e 7