Negli abissi del pozzo del merro


A Sant’Angelo Romano la cavità carsica più profonda del mondo. Dove, nell’ultima impresa d’immersione subacquea, sono spuntati reperti fossili risalenti al Giurassico. Ecco com’è andata la discesa a quota – 392 metri di profondità

Si è conclusa lo scorso mese di maggio con la discesa dell’ex primatista mondiale di specialità Stefano Makula, la prima parte del progetto multidisciplinare di ricerca scientifica ‘MS Project’ organizzata dalla rivista specializzata ‘Mondo Sommerso’ e dalla Provincia di Roma nel Pozzo del Merro, la cavità carsica allagata più profonda del mondo situata nella riserva provinciale Macchia del Barco e macchia di Gattaceca, nel comune di Sant’Angelo Romano.
Il Pozzo del Merro è un monumento geologico unico, praticamente sconosciuto al grande pubblico, è profondo 392 metri (attuale profondità conosciuta) e sono in corso studi da parte dell’università di Tor Vergata, l’associazione Mondo Sommerso e i sommozzatori del Corpo Forestale dello Stato.
La sua peculiarità “climatica” è dovuta al ritrovamento di reperti fossili risalenti al Giurassico. Si tratta soprattutto di crostacei e di una specie di pesce mai studiata prima.
Il pozzo del Merro è stato oggetto, alcuni anni fa di una campagna di ricerche idrogeologiche durante la quale un Rov del nucleo sommozzatori dei vigili del fuoco raggiunse in due tentativi successivi dapprima la profondità di -310 metri e poi quella di
-392, attuale limite conosciuto, cifra che gli permette di superare in lunghezza anche il più profondo dei celebri cenotes messicani.
Poco si sa, però, della sua struttura intima e della comunità biotica (in particolare di quella delle falde acquatiche profonde, detta stigobionte) che lo abita e non è nemmeno mai stata approfondita la particolarissima ecologia della biocenosi presente in superficie a diretto contatto con lo specchio d’acqua (neuston) e nelle pareti quasi strapiombanti della dolina; è proprio per dare risposta a questi interrogativi che la Provincia di Roma , la rivista specializzata ‘Mondo Sommerso’, con il supporto logistico degli uomini e dei mezzi della scuola del Corpo Forestale dello Stato, hanno varato un imponente programma di ricerca scientifica multidisciplinare (Merro Scientific Project).
Il progetto principalmente si propone l’obiettivo di indagare la biocenosi (la comunità dei viventi) del pozzo, le sue strutture abiotiche e le relazioni di dipendenza che legano l’una alle altre con l’intento di conoscere finalmente e in maniera approfondita i molti segreti in esso contenuti per permettere una gestione dell’area protetta ancor più accorta ed efficace.
Scienziati e studiosi di tre Università, coordinati da uno dei massimi zoologi e genetisti di popolazione italiani, il prof. Valerio Sbordoni (Dipartimento di Biologia, università di Roma “Tor Vergata”), hanno effettuato per oltre tre settimane campionamenti subacquei della cavità ottenendo già preziose risposte ad alcuni interrogativi sullo stato di conservazione dell’ecosistema del pozzo: “Eravamo preoccupati – come spiega il prof. Sbordoni sul sito www.anisweborg – che l’invasione dello specchio d’acqua da parte di una felce tropicale aliena (Salvinia molesta), avvenuta circa tre anni fa, potesse aver compromesso irrimediabilmente la peculiarissima comunità biotica del Merro. Fortunatamente, però, i sommozzatori impegnati nei campionamenti hanno verificato una presenza ancora piuttosto abbondante di tritoni, rane e molti invertebrati. In particolare un ricercatore del mio staff, il dott. Roberto Palozzi, nel corso di un’immersione alquanto impegnativa, è riuscito a campionare a circa 73 metri di profondità un piccolo crostaceo anfipode del genere Niphargus, endemico del Merro; ciò dimostra che l’ecosistema Pozzo è ancora vivo e vegeto e lo è anche molto in profondità. E dimostra che molti sono ancora i misteri scientifici che cela”.
I sommozzatori hanno poi scoperto la presenza anche di una tartaruga acquatica americana che ha chiarito come la felce tropicale sia arrivata nel pozzo; e per l’ennesima volta si è dimostrato come un gesto apparentemente innocuo – liberare in natura la tartarughina di casa divenuta troppo ingombrante – possa in realtà essere foriero di conseguenze anche drammatiche rappresentando il veicolo di diffusione di specie aliene e invasive in habitat ancora incontaminati.
Le caratteristiche ambientali del sito e quelle chimico-fisiche delle acque del pozzo inducono a considerare il Merro quasi un “paradosso” geografico tanto da far ritenere che esso possa essere paragonato a habitat anchialini legati all’antico mare della Tetide (West Indies, Bahamas, Mexico, Cuba, Canary Islands, Cape Range Peninsula, Western Australia); quegli habitat, cioè, in cui dagli anni ’80 sono stati rinvenuti forme relitte di animali stigobionti come gli Speleogrifacei o i Remipedia, quest’ultima rappresentando allora una nuova classe di crostacei.
Il pozzo del Merro sembrerebbe avere tutte le caratteristiche per far supporre la potenziale presenza di specie stigobionti relitte, in particolar modo nelle grotte e aperture più o meno ampie (mai esplorate prima) che si aprono nella condotta principale.
Un team di archeologici del Ministero dei Beni Culturali, inoltre, a chiusura del cerchio della multidisciplinarità del progetto, ha effettuato una serie di prospezioni (anche subacquee) per verificare se nel passato, anche preistorico, il pozzo sia stato oggetto di attività cultuali.
Grande soddisfazione per l’andamento dei lavori è stata espressa dall’Assessore all’Ambiente della Provincia di Roma Sergio Urilli e dalla direttrice di “Mondo Sommerso” Sabina Cupi entrambi fortemente convinti che il “Pozzo del Merro” rappresenti un vero e proprio monumento geologico unico al mondo, una finestra aperta verso il centro della terra e sul suo passato potenzialmente in grado di fornire dati scientifici davvero straordinari, dati che permetteranno ai naturalisti ed ai gestori delle Aree Protette della Provincia di Roma di tutelarlo e preservarlo nella sua integrità.

02/08/2007

Fonte: Mensile di informazione L’Eretino