IMU: il Comune deve motivare la modifica del valore dell’immobile

L’Amministrazione non può produrre successivamente nuovi documenti ad integrazione della motivazione. La sentenza della Quinta Sezione del 14.12.2016.

In tema di ICI (oggi Imu) “la motivazione del relativo atto di accertamento – ancorchè il Comune possa legittimamente scegliere la stima diretta che trova concreta attuazione nel confronto tra prezzi unitari di beni analoghi o assimilabili desunti dagli atti di compravendita dei terreni – non può, limitarsi a contenere indicazioni generiche sul valore del terreno, ma deve specificare, ai sensi dell’art. 7, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212 e a pena di nullità, a quale presupposto la modifica del valore dell’immobile debba essere associata, dovendo recare la specifica individuazione di tali fabbricati, del loro prezzo unitario e dei beni analoghi e assimilabili desunti dagli atti di compravendita dei terreni, così rispondendo alla funzione di delimitare l’ambito delle ragioni deducibili dall’ufficio nella successiva fase contenziosa, nella quale il contribuente, nell’esercizio del proprio diritto di difesa, può chiedere la verifica dell’effettiva correttezza di tale valore“.

È questo il principio sancito nella sentenza della Quinta Sezione della Corte di Cassazione pubblicata il 14.12.2016 nella quale si precisa che il disposto della L. n. 212 del 2000, art. 7 prescrive che negli atti dell’amministrazione finanziaria vengano indicati “i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione” e anche alla luce dei principi dello Statuto del contribuente la revisione del valore di un immobile deve essere motivata in termini che esplicitino in maniera intellegibile le specifiche giustificazioni del maggior valore. La conoscenza di tali presupposti deve poter consentire al contribuente di valutare l’opportunità di impugnare l’atto impositivo e, in tal caso, di specificare, come richiesto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, i motivi di doglianza.

Il contribuente, in altri termini, deve avere contezza delle ragioni dell’Amministrazione, deve essere messo in grado di valutare l’opportunità di fare o meno acquiescenza al provvedimento, e, in caso di ricorso, di approntare le proprie difese con piena consapevolezza, nonché per impedire all’Amministrazione, nel quadro di un rapporto di leale collaborazione, di addurre in un eventuale successivo contenzioso ragioni diverse rispetto a quelle enunciate.

L’Amministrazione non può, quindi, produrre successivamente nuovi documenti a integrazione della motivazione, in quanto ciò si risolverebbe nell’arbitrario allun-gamento dei termini dell’accertamento, oltre ad essere in contrasto con i principi sopra enunciati. Quindi, il Comune non può limitarsi ad un generico richiamo ai Regolamenti comunali e alle delibere adottate, ma deve indicare i prezzi medi di riferimento di altre aree aventi analoghe caratteristiche e ubicate nella stessa zona. La mancanza di tali indicazioni vizia irrimediabilmente il provvedimento impositivo.

Sulla base di tali principi la Suprema Corte ha rigettato il ricorso di un Comune contro la sentenza del Commissione Tributaria che aveva dichiarato l’illegittimita dell’avviso di accertamento ICI relativamente a un’area fabbricabile.

Fonte: sito web “Il quotidiano della PA”