Il trittico di Antonio Aquili


La direttrice della Biblioteca Vallicelliana Maria Concetta Petrollo Pagliarani invita al primo incontro d’autore 2008 con la scrittrice Lucrezia Rubini per la presentazione del libro Il trittico di Antonio Aquili a Sant’Angelo Romano.

Introduzione di Maria Concetta PETROLLO

interventi di:
Agostino BAGNATO – direttore della rivista l’albatros
Claudio CRESCENTINI – storico dell’arte

manifestazione in collaborazione con la rivista l’albatros

Martedì 22 gennaio 2008 ore 17.00 – Salone Borromini
presso la Biblioteca Vallicelliana
P.za della Chiesa Nuova 18, 2° piano – 00186 Roma
tel. 0668802671 – fax 066893868
www.vallicelliana.it
b-vall@beniculturali.it

IL TRITTICO DI ANTONIO AQUILI A SANT’ANGELO ROMANO – di Lucrezia Rubini
casa editrice: L’ALBATROS – patrocinio regione LAZIO

Antonio Aquili, universalmente conosciuto come Antoniazzo Romano (nato tra il 1430 e il 1435 a Roma e qui vissuto, per quasi settant’anni, fino alla morte, avvenuta in una data posteriore e prossima al 1508) svolse un’attività indefessa, grazie al supporto di una bottega organizzatissima, che dominò il panorama della produzione artistica a Roma e in provincia per almeno il trentennio, dagli anni Settanta del Quattrocento fino ai primi del Cinquecento, per famiglie come gli Orsini, i Caetani, gli Sforza, o ancora cardinali e ordini religiosi.

La pubblicazione sul trittico dell’artista, presente nella chiesa di S.Maria e S.Biagio a S.Angelo Romano, oltre a colmare una lacuna critica, mettendo in rilievo aspetti a tutt’oggi inediti dell’oggetto – primo fra tutti la datazione -, costituisce un tassello fondamentale e d’ora in poi inalienabile nell’ambito della produzione dell’artista, almeno per i seguenti aspetti messi in rilievo su di esso, da parte dell’autore:

  1. sul piano iconografico esso, riprendendo iconografie degli anni settanta del Quattrocento, si pone all’apice di una ricerca sulle icone bizantine, costituendo un modello definitivo;
  2. sul piano iconologico esso utilizza tutti gli elementi iconografici, in maniera tale che ogni particolare rivesta un significato simbolico preciso, tale per cui nulla sia affidato al caso, nulla sia aneddotico;
  3. sul piano stilistico esso costituisce un punto di riferimento, che d’ora in poi non si potrà più ignorare, per il periodo cosiddetto ‘umbro’ dell’artista;
  4. sul piano della metodologia di lavoro della bottega di Antoniazzo Romano offre nuove conferme riguardo alla mancata presenza in loco dell’artista e al rapporto centro-periferia;
  5. sul piano storico apre un nuovo scenario, nell’ambito della produzione artistica devozionale, riguardo al rapporto committenza privata- fruizione pubblica;
  6. sul piano devozionale l’opera, sia per la sua versatilità e complessità, sia per l’uso a cui è stata destinata nel tempo, offre elementi di riflessione sul rapporto valore devozionale-valore artistico e, conseguentemente, sui criteri di conservazione e allo stesso tempo di offerta per una fruizione pubblica e devozionale.

Infine l’opera, analizzata nella pubblicazione presentata, puntualmente in tutti gli elementi sopra descritti,   si qualifica come unicum nell’ambito della produzione antoniazzesca e si pone come  uno degli esempi più significativi della  produzione matura del maestro.
In questo senso elementi iconografici, pure diffusi, sia nell’ambito della produzione dell’artista, sia anche in senso più lato nell’ambiente romano di quegli anni, acquista un significato preciso, puntuale, accurato, frutto di una ricerca corroborata da un’esperienza ben salda acquisita da Antoniazzo.