Palidoro, un ecomostro ospedaliero sul mare laziale?

di VALENTINA GENTILE

30 novembre 2018

Dopo il parere negativo della Soprintendenza al progetto che prevedeva un fabbricato di sei o cinque piani fronte mare nell’area protetta della Riserva Naturale del Litorale Romano, l’Ospedale Bambin Gesù ha realizzato una prima revisione. In attesa di vedere il nuovo progetto, le associazioni ambientaliste mettono in guardia sui rischi della speculazione edilizia

Il primo progetto prevedeva un edificio di sei piani, poi ridimensionati a cinque, a meno di 300 metri dal mare, nella Riserva Naturale Statale del Litorale Romano, la più vasta d’Italia: da un lato la necessità e l’importanza di ampliare la succursale, che nel corso degli anni è divenuta un presidio medico importante, punto di riferimento per un territorio sempre più popolato. Ma dall’altro il rischio ecomostro: il nuovo fabbricato sarebbe sorto nei 16.000 ettari di superficie che il Ministero dell’Ambiente nel 1996 ha deciso di preservare istituendo la Riserva. Un’area importante per la continuità tra spiagge, dune, campi agricoli e zone storico-archeologiche di grande valore, che ospita specie e habitat protetti, una Zona a Protezione Speciale (ZPS) in cui rientra tutta la fascia dunale, e quattro Siti di interesse Comunitario (SIC). Era previsto proprio qui l’edificio che avrebbe ampliato quello già esistente della succursale di Palidoro, sempre all’interno della Riserva Naturale Statale, destinato a ospitare nuove sale operatorie, e soprattutto gli alloggi per le famiglie dei piccoli ricoverati, circa 80 posti letto. Il progetto aveva messo comprensibilmente in allarme gli ambientalisti; la preoccupazione era non solo di avere un altro ecomostro, ma che l’ampliamento venisse strumentalizzato da soggetti terzi, diventando un vaso di Pandora per le speculazioni a venire, e quindi per la distruzione della Riserva. A temere per le sorti della Riserva non solo le associazioni ambientaliste, in primis Italia Nostra, WWF, FAI e LIPU: il progetto ha infatti avuto il parere negativo della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Roma e della Commissione di Riserva. Motivo per cui, pochi giorni prima della conferenza dei servizi, prevista per il 5 novembre, l’Ospedale Bambino Gesù ne ha chiesto e ottenuto la sospensione, rimandando l’incontro.

LE MODIFICHE AL PRIMO PROGETTO
Il dottor Ruggero Parrotto, Direttore Generale del polo pediatrico, ci ha anticipato alcune delle modifiche che verranno presentate agli interlocutori. Parrotto spiega che non ci sarà più il padiglione di sei o cinque piani, ma due edifici, con altezze che rispetterebbero le indicazioni della Soprintendenza: «Ci sarà un edificio di tre piani e un secondo di due, che sarà costruito al posto di una vecchia struttura anni ’60 che verrà buttata giù». Il direttore sottolinea che inoltre con questa nuova variante l’intera zona dell’ospedale sarebbe bonificata: «Ci sono delle vecchie strutture degli anni ’60 rimaste lì, dei container che a quanto pare risalgono al terremoto del Belice, e addirittura un vecchio depuratore accanto alle dune». Accanto alla zona del depuratore c’è l’intenzione, spiega il direttore, di aprire un progetto di agricoltura biologica e pet therapy con cavalli, cani e asini. Per il dottor Parrotto, il nuovo progetto non deve spaventare gli ambientalisti: «Avere un edificio di cinque o sei piani per noi sarebbe stato più comodo. Abbiamo quasi 30.000 accessi al pronto soccorso all’anno, il polo è importante. Ma siamo contenti di aver recepito le indicazioni del Mibac: in realtà in questo modo il posto sarebbe vigilato anche di più. Il nuovo progetto diventerebbe anche una forma di protezione dell’ambiente. Le dune sarebbero curate, andrebbero abbattuti edifici abbandonati da 30 o 40 anni. Migliorerebbe tutto».

L’ALLARME DEGLI AMBIENTALISTI: LA SPECULAZIONE IN AGGUATO
In attesa di conoscere le reazioni delle parti in causa davanti alle modifiche, vale la pena ricapitolare i motivi per i quali sono stati sollevati dubbi e preoccupazioni. Fermo restando che non è mai stato in discussione l’intento meritorio del progetto, ambientalisti e associazioni hanno sottolineato l’importanza della Riserva, unica zona vincolata su un litorale devastato dalla speculazione. Il punto sollevato è perché proprio lì, dato che oltretutto si tratta di un posto difficilmente raggiungibile, mentre nella stessa zona sorgono aree in disuso, ben collegate, che potrebbero essere riqualificate? Sul perché non siano state prese in considerazione per l’ampliamento altre zone, più comode per i collegamenti, come Parco Leonardo e Fiera di Roma, zone ben collegate, servite dai treni, con edifici abbandonati o in disuso, il direttore Parrotto parla della necessità di “gestire al meglio le risorse che l’Ospedale già ha”. D’altra parte l’edificio già esistente fu costruito prima dell’istituzione della Riserva Naturale e del vincolo, e non senza polemiche, che nel corso degli anni hanno coinvolto anche le strutture Casa Ronald (fondazione della McDonald’s che offre alloggio alle famiglie), Casa del clero e il megaparcheggio che nonostante il vincolo circa dieci anni fa ha consumato 1 ettaro e mezzo di superficie nella stessa area, sempre a meno di 300 metri dalla battigia.

I PERICOLI DELLA LEGGE MADIA
C’è poi l’aspetto legale. Il parere della Soprintendenza è vincolante. Quindi davanti a un no le cose dovrebbero chiudersi, a rigor di logica e buon senso. Invece non è più così.E proprio qui si apre un altro punto spinoso della questione, come spiega Oreste Rutigliano, consigliere nazionale di Italia Nostra, l’associazione che già nei primi anni ’70 propose di definire i confini di un’area protetta lungo il litorale romano: «Il parere della Soprintendenza è obbligatorio e vincolante, ma esiste un vulnus terribile introdotto dalla legge Madia, che con un decreto attuativo ha riformato la conferenza dei servizi, e l’ha fatto ad usum Delphini. Cioè a uso di tutti gli affaristi che devono fare affari e che non vedono di buon occhio le soprintendenze perché hanno il potere di dire no».

L’IMPORTANZA DELLA RISERVA
Il vecchio progetto d’ampliamento spaventava gli ambientalisti perché avrebbe rappresentato, inconsapevolmente, un apripista pericolosissimo per eventuali progetti di speculazione, in un territorio, quello del litorale romano, devastato da anni di abusivismo e condoni, con il risultato di coste deturpate e sparite. Sul perché si dovrebbe mantenere la Riserva una “fortezza intangibile”, per usare le parole di Oreste Rutigliano, basta fare un giro per il litorale laziale. L’inurbamento delle coste dal secondo dopoguerra in poi è stato spaventoso, con le coste a Sud di Roma ormai praticamente inesistenti : «Un cordone di case continuo da Torvajanica a Nettuno, con alle spalle una villettopoli spaventosa che ha ucciso anche l’agricoltura».– continua Rutigliano – sono fertili, bonificate ed è una ricchezza averle accanto alla metropoli. È un paesaggio identitario chiarissimo, con elementi semplici ma rari da trovare, come i filari d’eucalipto, i pini, i grandi campi agricoli estensivi, ormai una rarità, poi case coloniche di bellissima fattura non mischiate a casacce e ville come avviene altrove. È un fattore d’equilibrio dell’area metropolitana». L’ospedale già presente sorge sulle dune, così come la casa del clero, eppure così com’è adesso non riesce fortunatamente ad annullare questa continuità tra agricoltura e mare. L’aggiunta dell’edificio da sei piani avrebbe compromesso tutto.

INFRASTRUTTURE E COLLEGAMENTI
Resta l’annoso problema di infrastrutture e collegamenti: raggiungere l’Ospedale, e lo sanno bene le famiglie dei piccoli pazienti, non è affatto facile, dato che la stazione più vicina è a 4 km di distanza. L’unico modo per arrivare è percorrere l’Aurelia in macchina e poi imboccare una stradina di campagna che porta all’interno della riserva. Come si ovvierebbe a questa mancanza? Con nuove strade, forse una bretella autostradale in concessione a Benetton che rovinerebbe del tutto l’unico tratto inviolato di continuità campagna-dune-mare, come ipotizza il Forum Salviamo il paesaggio-Difendiamo i Territori, che aggrega associazioni e cittadini per la tutela ambientale.

IL RUOLO DI COMUNE E REGIONE
Un declassamento che potrebbe a sua volta favorirne ulteriori, consentendo interventi sull’area vincolata. «È evidente che l’operazione sembra essere voluta più dal Comune che dallo stesso Bambin Gesù – dichiara Rutigliano riferendosi al vecchio progetto – Devo ritenerlo un attacco alla riserva, che è grande, copre gran parte del Comune di Fiumicino che mal sopporta questo». Altro fattore di rischio è, come sottolinea Ebe Giacometti, vicepresidente nazionale di Italia Nostra, in un recente comunicato stampa, la modifica da parte della Giunta Zingaretti della legge 29/1997 con l’introduzione del silenzio-assenso per approvazione del Piano Assetto delle aree regionali protette. “ Un colpo inferto a tutte le aree protette”, scrive Giacometti.

IL FUTURO DEL POLO PEDIATRICO
“L’associazione si riserva naturalmente di valutare meglio solo nel momento in cui avrà in mano il progetto, nel frattempo dichiara Giacometti: «Apprezziamo soprattutto la rinuncia a trasferire posti letto dalla sede di Roma e l’intenzione di demolire tutte le strutture in stato di degrado e in area di esondazione che ancora occupano l’area di competenza dell’Ospedale».”. Un altro aspetto che soddisfa Italia Nostra è l’aver constatato la disponibilità della Direzione ad accogliere suggerimenti sulla riduzione dell’impatto luminoso del parcheggio e la possibilità di rivolgersi alle energie rinnovabili. Ciononostante Giacometti rilancia il suggerimento per scelte alternative, fuori dalla Riserva. «Riteniamo – spiega – che un’eccellenza medica come l’Ospedale Bambino Gesù avrebbe meritato di acquisire le strutture dell’ex Forlanini (nel cuore di Roma, raggiungibile facilmente e chiuso definitivamente nel 2015 dalla Regione Lazio, ndr). Appoggeremmo con convinzione la riapertura di questa ipotesi».

Fonte: sito web del quotidiano La Stampa